Cronaca di un crollo annunciato
18 aprile 2010Mi scappa da ridere
08 aprile 2010Esistono due etiche diverse?
Com’è noto, sono tifoso del Toro, credo nel destino, ho il dente avvelenato con Roberto Bettega per cui mi è sommamente difficile spezzare una lancia a favore della Juve. La lancia la userei volentieri in altro modo, ma dopo aver letto il pezzo di Mario Sconcerti su Calciopoli mi sono venuti alcuni dubbi. Sostiene Sconcerti che i due designatori arbitrali, Bergamo e Pairetto, avevano il (brutto) vizio di parlare con tutte le società. Tutte? Ne siamo sicuri? Quando saranno rese pubbliche le intercettazioni, sarà possibile ricostruire la mappa di questi irrituali e poco sportivi colloqui.
Commentando la sentenza di condanna nei confronti della Juve (serie B, penalizzazione e perdita di due scudetti), il presidente della Corte federale Piero Sandulli usò parole molto importanti: «Nella nostra sentenza evidenziammo soprattutto cattive abitudini, mica illeciti classici. Si doveva far capire che quello che c’era nelle intercettazioni non si fa. È stata una condanna etica». L’unico dubbio di illecito sportivo riguardava infatti la partita Lecce-Parma. Condanna etica, appunto. Che in campo sportivo ci sta tutta, perché la giustizia si fonda sul concetto di lealtà sportiva e per comminare una pena basta il cosiddetto «legittimo convincimento». Dalle nuove intercettazioni si evince che la cattiva abitudine di parlare con gli arbitri non era un’esclusiva bianconera. Basta sentire il tono mellifluo, confidenziale, connivente di Paolo Bergamo con Leonardo Meani per rendersi conto che le partite avevano spiacevoli retroscena. La tesi di Luciano Moggi è la stessa dei difensori di Tangentopoli: così facevano tutti e quindi se tutti sono disonesti nessuno è disonesto. Come minimo, alla Juve devono essere restituiti i due scudetti.
La tesi di Sconcerti è che a parlare con i designatori fossero molti presidenti, «che nessuno aveva l’eleganza di tacere e che si andava al galoppo verso un’aria di disonestà diffusa». La Juve, però, avrebbe parlato più di altri cercando di influenzare le partite. Tant’è vero che la dirigenza patteggiò pubblicamente la sua condanna («per osservanza delle regole» ha precisato ieri John Elkann). La mia domanda è: lo scopo delle telefonate degli altri tesserati era diverso? Parlavano di belle donne, di vestiti e di auto? Non so se i presidenti di Atalanta, Siena, Udinese o di qualche altra squadra «minore» avessero l’abitudine di chiamare Bergamo. Se sì, allora dobbiamo prendere atto, con molta preoccupazione, delle diffuse «cattive abitudini». Se no, la condanna etica è indulgente nei confronti di qualcuno e la Juve, perché la giustizia «non abbia due pesi e due misure», fa bene a chiedere «parità di trattamento per tutti».
(tratto da www.corriere.it)