Io c'ero

29 novembre 2007
Posted by Daniele

Corriere della Sera:

"Mancano Patti Scialfa; manca il tastierista Federici per problemi di salute, ma il Magic Tour di Bruce, che ieri sera ha toccato Milano in un Forum di Assago esaurito da mesi (sarà il 25 giugno 2008 a San Siro), resta tale. Quel che si riesce a creare ogni sera attorno a Bruce Springsteen è qualcosa di speciale che contagia i fan e i vip (ieri sera non particolarmente numerosi fra i quali Alba Parietti e il musicista Ivano Fossati).

Bruce the boss l'abbiamo visto con tanti diversi «cappelli» in questi anni: one man band (cioè solo con la chitarra e l'armonica), con i virtuosi del country stile «orchestra spettacolo» e naturalmente nella versione preferita dai fan, come ieri sera, cioè a tutto rock con la E Street Band, enfasi straripante.

Energia e simpatia fin dalla prima canzone «Radio Nowhere» che fa parte di «Magic», disco uscito qualche settimana fa e che forse non è un capolavoro, ma la cosa ha scarsa rilevanza visto che lui, come Dylan, può cambiare ogni sera ricetta mescolando (come ha fatto nei giorni scorsi a Madrid e a Bilbao) nuove canzoni come l’amena «Girls in their summer clothes» a classici vecchi e nuovi come «A reason to believe » o «The rising». A sorpresa ieri come settima canzone «Adam raised a Cain» non eseguita da anni.

Nella nuova produzione Bruce non cessa di fare politica a suo modo. Canta in «Magic»: «L'America sta vivendo un tempo in cui le bugie sono verità e la verità si trasforma in bugie». E proprio presentando questa canzone Bruce si è rivolto al pubblico in italiano: «E’ bello essere qui con i miei amici. Ora una canzone che parla di trucchi». E prima di «Living in a future», il Boss parla (in italiano) dei «problemi dei diritti civili» negli Usa. E per oltre due ore via di rock: Little Steven eccentrico e generoso, Max Weinberg che è uno scatenamento continuo e virtuoso alla batteria, l’imponente Clarence Clemons fende l’aria col suo sassofono.

Gran concerto, con la reiterazione di un certo rituale rock, ma sempre in totale spontaneità, leggerezza e divertimento dispensato da questo straordinario eterno ragazzo «nato per correre»."


Aggiungo io: il miglior live performer del mondo ti lascia senza fiato. Ogni canzone è suonata e cantata come se fosse "la canzone". Un'energia impareggiabile, finito un pezzo attacca in sequenza quello successivo... Gli è sufficiente un one, two, tree...

E quando arriva il suo "Come on, Steve" sai che la sua forza si unisce ancor di più alle vibranti esecuzioni della E-street Band. Il concerto va a mille all'ora sempre, il tempo si sospende e ti ritrovi a cantare e ad osservare con ammirazione quel quasi sessantente, il più grande rock and roller (come ama definirsi).

Appuntamento il 25 giugno 2008 a San Siro...




Domani 28/11/07

27 novembre 2007
Posted by Daniele

Sono già un po' in fibrillazione... Domani mi aspetta questo...

Grande Aldo Rock!

25 novembre 2007
Posted by Daniele

Da vedere e ascoltare. Da non perdere gli ultimi secondi... Dedicati a NOI...



"Aldo Rock, detto Calandro dalla Polizia Stradale, non è soltanto un atleta campione internazionale di bicicletta; è anche un musicologo, un conoscitore senza rivali di musica rock e non rock, un erudito di filosofia e religioni orientali, un figlio amoroso.
E' un poeta, che i suoi versi li scrive sulla sabbia della strada e nel vento che lo accoglie nelle sue gare, sempre più ardue, sempre più da vincitore.
Dio protegga Aldo Rock."

Fernanda Pivano, 6 marzo 1996



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Pete Sampras

22 novembre 2007
Posted by Daniele


Rivedere in campo il grandissimo Pete Sampras, seppur solo per una esibizione (con l'altrettanto grande Federer), non ha prezzo.

Che bello rivederlo in azione, con quel suo movimento del servizio, le sue voleè... Che bel salto all'indietro nel tempo...






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Doping? La Top Ten delle scuse…

21 novembre 2007
Posted by Daniele

Mi è un po’ difficile tornare a scrivere di qualcosa che non sia legato alla Maratona di New York. Nelle ultime settimane questo blog era diventato mono tematico e l’evento maratona aveva monopolizzato gli spazi. Mi piacerebbe ancora lasciare lì, in bella vista in homepage, i miei ultimi post quasi a mantenere viva l’emozione di quello che ho vissuto.

Ma la vita continua, si riprendono i ritmi di sempre e anche il blog, se lo voglio mantenere, deve tornare a parlare anche di altro…


Nell’ultimo numero del Magazine della Gazzetta c’era una curiosa Top Ten delle scuse portate dagli sportivi trovati positivi al controllo antidoping. E’ troppo buffa e simpatica, ce n’è per tutti i gusti: le vie delle scuse (improbabili) sono infinite.

1) Marco Borriello: colpa di un rapporto non protetto con la fidanzata. Aveva una infezione vaginale
ed ha usato una pomata a base di cortisone.

2) Mario De Clerq: i dati di ematocrito personali scoperti nei suoi diari gli servivano per scrivere un romanzo sul doping.

3) Martina Hingis: mai fatto uso di droghe, la cocaina trovata sarebbe stata sciolta in un bicchiere o spalmata su una tartina durante una festa.

4) Franke Vandenbroucke: le dosi di ormone della crescita, anfetamine, epo e morfine servono per curare il cane.

5) Javier Sotomayor: la Cia o la mafia anti-cubana hanno alterato il cibo e le bevande degli atleti di Castro.

6) Sesil Karantantcheva: il nandrolone trovato nelle urine era causato dalla gravidanza in corso al momento del controllo (i test però provano che non c’è stata gravidanza).

7) Dennis Mitchell: la notte prima del controllo ha bevuto 5 bottiglie di birra e fatto l’amore con la moglie 4 volte, il livello ormonale era pertanto scompensato.

8) Gilberto Simoni: la cocaina deriva da caramelle omeopatiche miracolose contro la tosse portate dalla zia Giacinta di ritorno da un viaggio in Perù.

9) Fernando Couto: il nandrolone deriva da uno shampoo fortificante per la chioma.

10) Mozart: la figlia è allergica alle punture delle zanzare e il betametasone deriva dal contatto con la pomata che è stata applicata.

Che fantasia!


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Come una star

16 novembre 2007
Posted by Daniele

Emoziono le persone... Sono citato dalla Gazzetta...

Ed ora mi metto anche a dare interviste...

Mi starò mica montando la testa? :-)



Maratona & New York: pensieri

14 novembre 2007
Posted by Daniele


Un grazie a Nicola, fidanzato di mia sorella, che mi ha seguito in questa pazzia. Abbiamo fatto diversi allenamenti insieme e anche per lui è stata la prima maratona, portata a termine alla grande. Grazie per avermi seguito.

Mathias e Aline: nei mesi ci siamo letti i reciproci blog ed abbiamo vissuto parallelamente la preparazione. A New York ho scoperto due ottime persone con cui è stato piacevole condividere l'avventura ed anche la scoperta della città. Grandi!

Manlio Gasparotto: il giornalista della Gazzetta parla ancora di me. E che belle parole che dice. Ormai sono una star... :-)

La medaglia: appena passi il traguardo ti infilano la medaglia. E non te la togli più fino al giorno dopo. Che spettacolo la sera ed il giorno seguente girare per New York con quel "trofeo" visibile. E' tutto un congratulations da gente che non ti conosce...

New York: impressionante lo slancio verso l'alto, i taxi, il rumore di clacson e sirene, il traffico. E' stata la mia prima volta in una città americana e devo dire che è forte la differenza con le città europee a cui siamo abituati. Lo so, dico banalità, però l'assenza di una piazza, di un centro storico, di chiese disturbano quasi l'occhio. E' un susseguirsi frenetico di persone. I marciapiedi come luoghi di affollamento di gente in movimento sempre.

Central Park: una città verde nella città. Si sa che è grande. Ma cavolo, quanto è grande! Per me rimarrà poi sempre il luogo in cui termina la Maratona. Splendida la vista dei grattacieli dal Reservoir.

Metropolitana: che brutte le stazioni della metro. Piastrellate di vecchio e senza scale mobili (che per un reduce dalla maratona comportano una maledizione ulteriore). E anche mal segnalate in superficie. Con cambi di linea sulla stessa stazione che a volte ti costringono ad uscire in strada e poi rientrare... Mah...

Ground Zero: che tristezza. Ci sono ancora ruspe che lavorano. Ma non per la ricostruzione, ancora per sistemare il disastro. Intorno ci sono grattaceli altissimi e pensare che le Torri Gemelle erano il doppio di quei grattaceli. Dovevano essere una cosa impressionante. Come impressionante è quel vuoto. Riprovevoli i venditori di foto degli aerei in collisione (ci sono anche quelli che girano).

Times Square: visto e rivisto in tv centomila volte, ma ti impressiona. Una specie di Luna Park di luci, uno spreco di energia immane, ma anche uno spettacolo visivo strepitoso.

Supershuttle: una specie di taxi collettivo che ti porta da e per Jfk (comodissimo ed economico). Un'esperienza. Da raccomandare i guidatori, non adatto a deboli di cuore...

Great job, Daniel

10 novembre 2007


Ecco il racconto di quella che per me rappresenta un'impresa: correre e concludere la Maratona di New York. Ad inizio anno l'avevo definita una pazzia, il primo allenamento di marzo con i miei 5 minuti di corsa lo confermava, il problema e lo stop forzato dell'ultimo mese e mezzo lo sottolineava ancora. E' stata un'impresa! E ne sono orgoglioso!

Ho vissuto emozioni incredibili che provo ora descrivere, spero riuscendo a farle trasparire per quello che realmente sono state.

Antefatto: la Friendship Run di sabato 3 novembre. Avevo deciso che non avrei corso se non dopo lo sparo di cannone del via della Maratona. L'ambiente newyorkese mi fa cambiare idea. Decido di partecipare, corricchiando, alla corsetta di 3 km del giorno prima alla quale prendono parte i partecipanti internazionali. L'atmosfera è bellissima, colorata, con tante persone travestire con i colori tipici dei propri Paesi. Corro. E faccio male. Il ginocchio mi fa male. Al pomeriggio avevo anche difficoltà a scendere le scale. Una botta al morale tremenda. Come cavolo potrà andare il giorno dopo? Mi preparo mentalmente al peggio.

Domenica 4 novembre 2007: è arrivata. E' il giorno che attendevo da mesi. Ci siamo. Sveglia alle 4 e 45. Colazione in camera d'albergo con le cose comprate al supermercato e la marmellata della mamma portata dall'Italia. Alle 6 c'è la navetta che ci porta al mitico Ponte Verrazano. Migliaia di persone ben distribuite ai piedi del ponte (andremo sopra solo dopo lo sparo di cannone), si prende un po' di freddo, si beve caffè caldo e si mangiano bagels (offrite con un vigore pazzesco dai volontari).

Alle 10:10 lo sparo di cannone. Penso che si parta tutti invece dobbiamo aspettare. Fanno partire a scaglioni di 1000. E il mio gruppo avrà via libera sul ponte più o meno un quarto d'ora dopo lo sparo. L'emozione è forte. Sono sul Verrazano Bridge, a casa staranno guardando la televisione che lo inquadra dall'alto, pensandomi, e io sono lì in mezzo a tutta quella gente a godermi i primi metri della New York Marathon. E sono così:



Lo dico anche nel video. Quel deficiente del ginocchio mi fa male. Ho anche i battiti del cuore molto alti. Ma la gioia di essere lì supera tutto. Vado, corro, corro. Il dolore aumenta ma rimane sopportabile. Dopo poche miglia inizia subito lo spettacolo della folla. Il calore della gente è assordante. Metter il nome sulla maglia è la cosa più intelligente che potevo fare. Basta mettersi ai lati della strada e ricevi centinaia di incitamenti di gente urlante il tuo nome, i bambini che ti chiedono il cinque. Sei fresco, sei euforico, sei un tutt'uno con la gente. La prima ora va via così, senza accorgertene, sommerso dall'entusiasmo di ciò che ti circonda.

Ho sempre i battiti un po' alti, rallento. Dopo il primo passaggio ai 5 km il dolore al ginocchio incredibilmente diminuisce. Penso, ma che sta succedendo? Miglioro! Sto quasi bene, ho un fastidio ma non è dolore. Mi sembra quasi un miracolo. Mi faccio trasportare dalla gente, ogni tanto mi nascondo a centro gruppo, poi vado ai lati a prendermi la mia dose di incitamenti. Go Daniel! Italia! Corro.

L'ingresso a Brooklyn è strepitoso. Strade più strette, curve, gente ovunque. Complessi che suonano dal vivo. Ne troveremo centinaia durante il percorso. E ti davano una carica! Quando passo ai rilevamenti posizionati ogni 5 km penso alle mail che partono. Penso ai miei familiari. Penso all'entusiasmo che quelle mail porteranno.

Sto bene, buone sensazioni. Decido che comunque non devo esagerare con la corsa. Sono comunque fermo da un mese e mezzo e ho quel problemino lì alla gamba. Decido che un po' prima delle 2 ore, in prossimità di un rifornimento (così finalmente riuscirò a bere tutto il contenuto del bicchiere.. è un casino bere dal bicchiere correndo) farò il primo tratto a passo. Dopo 1:40 dal via faccio 3 minuti a passo. Riprendo fiato, bevo. Ripenso alla magia del posto: non ci credo, ieri pensavo di doverla fare tutta a passo e la sto correndo.

Riprendo la corsa, adesso la gente è più diraradata. E la gente mi chiama anche se sto al centro della strada. Mi giro, alzo il pollice, un sorriso e via. Corro più o meno fino a metà gara. E poi inizio un'alternanza passo/corsa. Inizio a sentire la fatica, il dolorino al ginocchio ogni tanto torna più forte e mi sembra più saggio proseguire alternando. Comunque sto bene. Avrei messo la firma per arrivare a metà percorso così:



Nel video mi sbaglio anche, dopo quel ponte non si va a Manhattan, ma al Queens... Si vede che mente iniziava già ad annebbiarsi... :-)

Da quel punto si inizia anche ad intravedere in lontananza il temibile Queensboro Bridge. Lo vediamo, con le teste delle persone che lo stanno percorrendo. Vediamo la sua inclinazione, la sua salita. E psicologicamente non è di aiuto. Fra un po' ci arrivo e dovrò fare quella salita. Quella sì che porta a Manhattan. Quella si sente. E' temuta. Fra poco ci sono.

Nel Queens c'è meno gente. Meno calore. E correre senza incitamenti è davvero un'altra cosa. Abituati quasi al tifo da stadio sento la diversità. Ma dura pochi km. Ho anche qualche brivido di freddo. Ma poi passa. Arrivo al Quennsoboro Bridge, penso e decido di farlo a passo. Mi sembra la cosa migliore. Daniele, non esagerare mi dico. Ed eccomi qua:



La discesa del Queensboro è da brividi. In fondo c'è una curva secca a sinistra con una marea di gente. Non si può descrivere, si sente il boato della gente. E' una scarica di forza. Arrivi giù in mezzo al boato. Riprendo a correre, strade larghe, transennate e gente ovunque. Ora è tutta dritta, si percorre la First Ave fino al Bronx. Siamo ormai intorno al 26mo km. E dopo un km inizia per me una parte molto dura.

Ho problemi a correre, devo andare a passo. Ho freddo. Ho un casino di freddo e penso "con questo freddo come faccio ad andare avanti?". Avrei voglia di una felpa. Ho anche fame. Sento un forte bisogno di mangiare. Il pubblico ogni tanto offre qualcosa. Osservo bene la gente. Ricevo tanti incitamenti "go, Daniel", faccio fatica anche a sorridere alle persone. Cerco da mangiare. Finalmente prendo una banana da una ragazza. A me le banane piacciono un po' acerbe. Questa è molto matura. Ma è la banana più buona che ho mangiato negli ultimi anni... :-) Ci voleva proprio quella banana! Continuo ad avere freddo.
Bevo con calma. Prendo gli zuccheri dell'Enervit che mi ero portato. Continuo ad andare a passo. Ormai sono 2 km che vado al passo.

Intorno al trentesimo km sto meglio. Mi sento pronto a ripartire. Riprendo a correre. Vado bene, il riposo ha fruttato. Le sensazioni sono buone, sono ripartito. Go, Daniel!

Ma... Dopo 3 km di corsa, sul ponte che ci sta portando al Bronx. Il ginocchio va out. Il dolore ritorna forte, sempre più forte. Mi costringe a fermarmi. Mi massaggio il ginocchio, gli parlo "per favore no, non adesso". Mi fa molto male. Sto fermo. Provo ad andare a passo, ma mi fa male anche così. Me la vedo nera.

Un po' di minuti di "panico". Riparto a passo, ma mi fa male. Arriva un ragazzo con la gamba sinistra fasciata all'altezza del ginocchio e sta andando a passo veloce con la gamba fasciata stecca, senza fletterla. Andiamo insieme un po'. Uniti dallo stesso problema. Scambiamo due chiacchere. Poi lui va, aveva affinato la tecnica penso ed andava più veloce di me. Vado per un po' così, di fatto con una gamba sola. Poi piano piano inizio ad usare anche la sinistra. Il dolore rimane forte ma mi permette di andare bene a passo. Capisco che dovrò chiudere così, fare gli ultimi 10 km al passo. L'importante è che mi permetta di arrivare alla fine, chi se ne frega se non posso correre! Così però posso arrivare!

E lì inizia la mia maratona passeggiando, calcolo quanto potrò metterci a quella andatura. Mi godo il Bronx e poi Harlem. I suoi edifici diversissimi da Manhattan. I gruppi di neri che cantano. La gente festante e che incita ancor di più quando ti vede in difficoltà. Più o meno da questo punto inizia ad arrivare un incitamento nuovo: good job, Daniel. Great job, Daniel. Arrivati fin lì per la gente ce l'hai fatta. Sa che arriverai in un modo o nell'altro al traguardo. Ed hai fatto una gran cosa. Great job, Daniel. Quante volte l'ho sentito!

Ogni tanto riprovo ad accennare la corsa. Impossibile. Due falcate ed il dolore è subito fortissimo. Niente devo andare così. In certi momenti il mio passo veloce superava gente "scoppiata" che correva. Ma comunque era un andatura a passo e più di 6,5 km all'ora non andava. Mi rendo conto che così, magari allungando alla fine potrei stare dentro le 5 ore e 30. Sarebbe eccezionale. Go, Daniel!

E con il mio passo arrivo a Central Park, sembra finita ma mancano ancora 4 km. L'arrivo a Central Park potrebbe ingannare, pensi che hai finito però non è così... Passo veloce, passo veloce. L'ultimo rettilineo, lì la gente ti sommerge di good job, great job. Sento anche diversi italiano che finalmente pronunciano il mio nome intero: vai Daniele! Ormai sei arrivato! Vai! Non si può immaginare la carica che danno gli incitamenti. Ormai ce l'ho fatta, ripercorro mentalmente le fatiche degli ultimi mesi, da dove sono partito, mi guardo intorno estasiato, sono a Central Park e sto finendo la Maratona di New York! Sono così:



Si vede, sono anche emozionato. Il video lo devo fare due volte perchè c'è un italiano che vedendomi con la macchina fotografica vuol farmi la foto a tutti i costi e non capisce che mi sto filmando. Mi prendo tutte le emozioni e i brividi di quei momenti finali. E' impareggiabile ciò che si vive.

Al ginocchio ormai non penso più. Avevo già deciso che, a dispetto del dolore, avrei finito correndo. Guardo il mio tempo. Se corro potrei farcela entro le 5 ore e mezzo. Paradossalmente sono fresco, ne avevo ancora da dare. Inizio a correre, l'adrenalina è a mille. E mi godo il mio, meritato, trionfo in mezzo alla musica:



I'm a New York Marathon Finisher

06 novembre 2007

5 ore - 30 minuti - 57 secondi


Il tempo del sogno compiuto. Una emozione ed una esperienza incredibile lunga 42,195 km. 

Al ritorno in Italia il racconto completo... Sono la felicita fatta persona. :-)

P.S.
Un grazie sentitissimo a tutti coloro che sono passati di qui. Non potete capire come faccia piacere leggere e sapere di essere stato cosi seguito.